La Vittoria di ogni giorno (ricordi)

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Lo studio, la preparazione e la diligenza sono sempre stati obiettivo di vita per mia madre e lei si è sempre oltremodo impegnata per trasmettere ai miei fratelli ed a me questi che considerava valori assoluti.

Ricordo, che durante la preparazione agli esami di idoneità di quinta elementare mia madre tirò fuori una sorta di formulario per insegnarmi a fare i temi.

Un maledetto libro giallo che già avevano utilizzato i miei fratelli decenni prima di me, del quale non ricordo il titolo, ma ricordo bene avesse la presunzione di catalogare i pensieri, scadenzarli,  uniformarli, incanalarli nella retorica e nel sentimentalismo.

Per uno spirito libero come me, una vera fantasista, una spregiudicata insomma, cercare di imprigionare l’immaginazione in una rigida architettura di schemi mentali in cui ci fosse una premessa, uno svolgimento ed una conclusione era uno sforzo insopportabile.

Per cui durante i giorni in cui mia madre, insegnante, non era impegnata a scuola per consigli e riunioni ed io ero costretta a studiare con lei, i miei temi, la cui traccia scelta (da lei ovviamente) era sempre storica o d’attualità, erano dei veri e propri saggi di ordine, metodo e magniloquenza, viceversa, a scuola, la traccia (scelta da me) era tassativamente quella di fantasia e l’elaborazione incarnava esempi di rara farneticazione.

Ciò mandava su tutte le furie mia madre che, tra schiaffi e punizioni, ha da sempre cercato di mettere ordine nella mia testa senza, purtroppo, riuscirci mai, anzi, costringendomi ad una lotta quotidiana tra razionalità ed istinto ed impedendo ormai irreversibilmente ai miei ragionamenti di condividere la mia passione.

Si lo so, devo andare in analisi.

Ad ogni buon conto, un maledetto pomeriggio mia madre decise che, agli esami, avrei dovuto necessariamente scegliere la traccia di attualità, avendo ormai del tutto abbandonato l’idea che potessi scrivere qualcosa di sensato con riferimento alla traccia storica.

Per cui, decise di farmi esercitare scegliendo di impormi lo svolgimento del seguente tema: “Mafia. Droga. Terrorismo. Descrivi i mali del nostro tempo, rifletti sul da farsi.”.

Con la solita esaltazione con cui si esprime mia madre, quel pomeriggio, ripeté quelle tre parole con talmente tanta  enfasi da terrorizzarmi e mentre urlava <<Mafia, Droga, Terrorismo.>> nella mia mente si concretizzava un solo pensiero: l’evasione.

Pensavo a come buttarmi dal V piano senza morire, pensavo di fingere un attacco apoplettico e vomitare soffocandomi, pensavo di tagliarmi le vene con il temperamatite per fuggire al pronto soccorso, pensavo di infilarmi la testa nel water per provare l’ebbrezza del battesimo dei bulletti alle medie, sicura che gli esami non li avrei superati mai.

Mi misi seduta. Ragionevole, remissiva, rassegnata, sottomessa.

Ero quanto di più contraddittorio esistesse sembravo diligente ed impegnata, ordinata e meticolosa e scrivevo, ma dentro ero in fermento, in lenta macerazione.

Mio fratello ripeteva a voce alta diritto amministrativo chiuso nella sua stanza con l’obiettivo di laurearsi in due anni e sei mesi in giurisprudenza, per battere non si capì mai quale record che, ovviamente, batté.

Mia madre tronfia d’orgoglio, si affacciava nella mia stanza portandolo ad esempio di comportamento scolastico aumentando, così, il mio senso di frustrazione e le mie domande sul perché non possano scegliersi i natali, sui capricci della genetica e soprattutto su cosa cazzzzzzz fossero la mafia, la droga ed il terrorismo.

Alla fine, dopo un’ora circa, porsi il compito a mamma.

Ero soddisfatta.

Dopo una breve premessa, avevo scritto che da quanto ne sapessi sulla mafia, trovavo forti attinenze tra il sistema organizzativo criminale in esame ed il sistema organizzativo e gestionale della mia famiglia. Parlai di mia madre come di un boss, dei mei fratelli come consiglieri e di me come un esecutore, certa che alla fine della lettura, il boss, mi avrebbe sciolta nell’acido.

Parlai della droga come via d’uscita dal male di vivere, come soluzione e non come problema, non escludendo di poterne fare uso un giorno.

E poi parlai del terrorismo… ma non ricordo cosa scrissi perché dopo la parte della droga, mia madre, che mentre leggeva sgranava sempre più i suoi bellissimi occhi verdi, lanciò in aria il quaderno e scatenò la sua ira irrefrenabile cercando di raggiungermi mentre io ridendo, mi lanciavo in una folle corsa verso il cortile.

Quell’anno superai l’esame, feci il tema di attualità come voleva mia madre, andò bene e lei rimase convinta delle grandi potenzialità del mio intelletto a fronte, a suo dire,  di un profuso sforzo da parte mia ed io imparai una grande lezione: per eseguire un compito che soddisfi gli altri basta ubbidire ad un ordine, ma il vero impegno si spende per soddisfare se stessi.

Vittoria Gangemi

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